Salviamo la ricerca italiana
Avete notato come la maggior parte di quello che viene pubblicato su questo blog e su tutti i siti simili, indipendentemente dalla loro autorevolezza, tratti di ricerche svolte all’estero?
Ciò è senz’altro dovuto in parte a carenze nella nostra macchina comunicativa e al rapporto non di rado conflittuale che la figura dello scienziato ha con la nostra società, ma in larga misura è dovuto alla grave situazione economica in cui vive, o meglio sopravvive, la ricerca in Italia, che non riceve mai i fondi che le servirebbero per operare agevolmente.
Giorgio Parisi, professore di Fisica a La Sapienza, ha allora indetto una petizione su change.org dal titolo “Salviamo la ricerca italiana“, che in poco
tempo ha raggiunto oltre 50.000 firme. A questa ha seguito una lettera, pubblicata sulla rivista Nature, firmata da 69 scienziati italiani, in cui si fa richiesta esplicita di aumentare
i fondi destinati alla ricerca in Italia.
Il trattato di Lisbona nel 2000, fissava che la percentuale di PIL destinata alla ricerca dovesse aumentare al 3% entro il 2010. Siamo nel 2016, e questa percentuale continua ad essere ferma all’1%. Inoltre, il sistema universitario è pesantemente sottofinanziato e dal 2009 ad oggi ha subito costanti tagli ai fondi. Tanto per fare un paragone, la ricerca di base è 10 volte meno finanziata rispetto alla Francia.
Anche Piero Angela ha sostenuto la petizione. “La ricerca di base è sempre più in difficoltà perché mancano i fondi – dice Angela – è come avere una macchina con dei bravi piloti, ma senza benzina“.
Qui trovate il video del suo appello.
Di seguito si riporta il testo della lettera pubblicata su Nature:
Chiediamo all’Unione Europea di spingere i governi nazionali a mantenere i fondi per la ricerca a un livello superiore a quello della pura sussistenza. Questo permetterebbe a tutti gli scienziati europei – e non solo a quelli britannici, tedeschi e scandinavi – di concorrere per i fondi di ricerca Horizon 2020.
In Europa i fondi di ricerca pubblici sono erogati sia dalla Commissione Europea che dai governi nazionali. La Commissione finanzia principalmente grandi progetti di collaborazione internazionali, spesso in aree di ricerca applicata, e i governi nazionali finanziano invece – oltre che i propri progetti strategici – programmi scientifici su scala più piccola, e operati “dal basso”.
Ma non tutti gli Stati membri fanno la loro parte. Per esempio l’Italia trascura gravemente la ricerca di base. Oramai da decenni il CNR non riesce a finanziare la ricerca di base, operando in un regime di perenne carenza di risorse. I fondi per la ricerca sono stati ridotti al lumicino. I PRIN (progetti di ricerca di interesse nazionale) sono rimasti inattivi dal 2012, fatta eccezione per alcune piccole iniziative destinate a giovani ricercatori.
I fondi di quest’anno per i PRIN, 92 milioni di Euro per coprire tutte la aree di ricerca, sono troppo pochi e arrivano troppo tardi, specialmente se paragonati per esempio al bilancio annuale dell’Agenzia della Ricerca Scientifica Francese (corrispondente ai PRIN italiani) che si attesta su un miliardo di Euro l’anno. Nel periodo 2007-2013 l’Italia ha contribuito al settimo “Programma Quadro” europeo per la ricerca scientifica per un ammontare di 900 milioni l’anno, con un ritorno di soli 600 milioni. Insomma l’incapacità del Governo Italiano di alimentare la ricerca di base ha causato una perdita di 300 milioni l’anno per la scienza italiana e quindi per l’Italia.
Se si vuole evitare che la ricerca si sviluppi in modo distorto nei vari Paesi europei, le politiche nazionali devono essere coerenti tra di loro e garantire una ripartizione equilibrata delle risorse.
Qui la petizione su change.org e qui la pagina facebook della petizione.