Materia Oscura: la velocità delle galassie può farne a meno
I ricercatori della Case Western Reserve University dell’Ohio hanno trovato una nuova relazione che spiega l’accelerazione delle stelle nelle galassie a spirale ed irregolari senza chiamare in causa la materia oscura. Il risultato in una pubblicazione su Physical Review Letters.
Uno degli indizi classici che viene utilizzato per provare l’esistenza della materia oscura è quello delle curve di rotazione delle galassie. Se la legge di gravitazione universale di Newton funziona anche a scala galattica, ci si aspetta che le stelle ruotino attorno al centro galattico con una velocità che dipende solo dalla massa contenuta nella regione della galassia interna all’orbita. Ci si aspetta allora che, siccome la maggior parte della massa è contenuta vicino al centro della galassia, la velocità di rotazione aumenti nella regione interna, raggiunga un massimo e poi diminuisca procedendo verso l’esterno (linea tratteggiata A nella figura).
Negli anni ’70, tuttavia, V. Rubin e A. Bosma hanno dimostrato indipendentemente che la curva di rotazione è approssimativamente piatta nella regione esterna delle galassie (curva B in figura). Per generare una tale accelerazione nella regione esterna sarebbe quindi necessaria la presenza di molta più massa di quella visibile, e qui entra in gioco la materia oscura, che fornirebbe la massa mancante nell’alone galattico.
La pubblicazione del team di ricercatori dell’Università dell’Ohio ci dice però qualcosa di diverso. Essi hanno infatto trovato una nuova relazione che consente di evitare di “aggiungere” materia oscura ed imputa la curva di rotazione alla sola materia visibile. Tale relazione è consistente con le osservazioni di 153 galassie a spirale e irregolari, di dimensioni da giganti a nane, di composizione prevalente di gas o di stelle.
I ricercatori, guidati da McGaugh e Schombert, hanno lavorato per circa 10 anni e sfruttato i dati all’infrarosso del Telescopio Spaziale Spitzer per analizzare le curve di rotazione e la presenza della materia. La radiazione infrarossa è infatti più affidabile di quella visibile per analizzare la presenza di massa.
Le implicazioni di tale scoperta sono ben più ampie di questo singolo osservabile. Il modello cosmologico attuale prevede infatti la presenza di materia oscura e potrebbe non reggere il colpo di doverne fare a meno.
Ma è bene ad ogni modo non saltare alle conclusioni e sottolineare che McGaugh et al. hanno trovato una relazione empirica senza dare alcun tipo di spiegazione teorica alla cosa. È ad ogni modo certo che qualunque modello teorico sarà ipotizzato in futuro dovrà tenere conto di questo risultato.
Consigli di lettura:
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