Speciale 8 Marzo: perché la scienza ha bisogno delle donne
Su iniziativa del partito socialista americano, nel 1909 venne proposta l’istituzione di una giornata della donna con l’intento di promuovere la parità dei diritti tra i due sessi. Nel 1921, alla Seconda Conferenza delle Donne Comuniste di Mosca, questa giornata venne fissata internazionalmente all’8 marzo. In questo articolo esponiamo una panoramica della questione della parità di genere nel campo scientifico.
La prima Giornata Internazionale della Donna si celebrò l’8 marzo 1911, in diversi paesi europei e negli USA. In quegli anni si parlava principalmente di diritto di voto, diritti all’interno del matrimonio e opportunità lavorative, e perciò questi erano i temi principali che venivano toccati nelle piazze dai movimenti socialisti. L’anno prima, la femminista Clara Zetkin suggerì l’idea di una Giornata Internazionale delle Donne. La Seconda Conferenza delle Donne Comuniste, tenutasi a Mosca nel 1921, fissò definitivamente la data di tale celebrazione all’8 marzo. Oggi, la parità dei diritti è sicuramente molto più vicina di quanto fosse allora, ma ancora molta strada deve essere fatta in tal senso.
Oggi, mediamente, donne e uomini avrebbero infatti pari diritti allo studio ed alla carriera in ambito scientifico. Tuttavia, questi diritti si devono spesso scontrare con forti stereotipi culturali che vogliono la mentalità femminile orientata agli studi umanistici e la scienza come un’attività da freddi uomini calcolatori. Inutile dire che questi stereotipi rendono spesso più difficile per una donna ottenere posizioni di rilievo in ambito scientifico e tecnologico. Infatti, oltre ad essere sotto-rappresentate negli istituti di ricerca e nelle università, gli studi in proposito hanno mostrato come le ricercatrici pubblichino meno, siano pagate di meno ed incontrino più ostacoli nell’avanzare di carriera rispetto ad i propri colleghi uomini.
La parità di genere nell’ambito scientifico non è solo una questione di giustizia e di diritti umani. Il fatto che molte donne e ragazze possano potenzialmente essere interessate a lavorare in quest’ambito, ma non lo fanno a causa degli ostacoli di varia natura che incontrano o potrebbero incontrare, rappresenta una consistente perdita di opportunità, sia per le donne stesse, sia per l’intera società.
Nonostante le figure femminili di spicco nel mondo scientifico siano moltissime, una ricerca del 2011 ha mostrato come il 90% dei giovani abitanti del Regno Unito tra i 18 ed i 24 anni e i 2/3 dell’intera popolazione non sapessero menzionare il nome di nessuna scienziata famosa. Ciò non stupisce, dato che tra i vincitori dei premi nobel tra gli 814 vincitori di premi nobel tra il 1901 ed il 2010, solo 40 sono donne. Nonostante ciò, il 96% di loro si è dichiarato convinto dell’assenza di differenze tra uomini e donne nelle capacità in ambito scientifico. Questa convinzione non viene poi però messa in pratica: in tutto il mondo, solo il 29% dei ricercatori è donna.
Nonostante la crucialità di tale questione, i dati disponibili ed utilizzati dalle politiche, sono spesso scarsi o insufficienti. Al 2014, la rappresentanza femminile tra i lavoratori nell’ambito di ricerca e sviluppo era la seguente:
- Mondo: 28.8%
- Stati arabi: 39.9%
- Europa centrale e dell’Est: 39.6%
- Asia centrale: 47.2%
- Asia orientale e pacifico: 22.9%
- America latina e Caraibi: 44.7%
- Nord America e Europa occidentale: 32.3%
- Asia del sud e occidentale: 19.0%
- Africa sub-sahariana: 30.4%
Non si tratta comunque di una questione ignorata e le iniziative per migliorare la situazione esistono. Ad esempio, un progetto globale dell’UNESCO, noto come SAGA (STEM and Gender Advancement) mira proprio a contribuire nel cambiare lo status quo, migliorando le condizioni lavorative delle donne nei campi scientifici e tecnologici, in tutte le nazioni ed a tutti i livelli di educazione e ricerca. SAGA punta ad osservare, raccogliere dati, ed analizzarli col fine di valutare in che modo le politiche possano influenzare l’equilibrio dei sessi nella ricerca, producendo documenti metodologici che possano essere utili strumenti per la politica.