Non solo Curiosity: Mars Express conferma il metano nel Gale Crater
Negli ultimi decenni la presenza di metano nell’atmosfera di Marte è stata una delle questioni più dibattute ed intriganti per la comunità scientifica marziana. A distanza di 6 anni i dati di Mars Express hanno confermato la misura di questa molecola da parte del rover Curiosity, aprendo un grosso spiraglio per la ricerca di vita sul Pianeta Rosso e per la comprensione della sua storia geologica. Lo studio pubblicato oggi su Nature Geoscience.
Dopo lungo tempo ed accesi dibattiti all’interno della comunità scientifica per la prima volta è arrivata una conferma indipendente di una misura di metano su Marte. Utilizzando lo spettrometro infrarosso a bordo di Mars Express, uno studio a prima firma M. Giuranna ha confermato la rivelazione di metano da parte di Curiosity, il rover NASA che nel 2013 ha trovato il tanto agognato gas all’interno del Gale Crater. Ma perché il metano è così interessante? E come può essersi formato?
La molecola di metano è molto interessante perché sappiamo che sulla Terra si può formare a causa di processi sia geologici che biologici, processi che in linea di principio potrebbero verificarsi anche su Marte. Nell’ipotesi geologica le sorgenti sarebbero perlopiù vulcaniche o legate al rilascio di metano intrappolato nel sottosuolo a seguito di processi tettonici. Per quanto riguarda l’ipotesi di sorgenti microbiche, la speranza è quella di trovare anche su Marte i microorganismi metanogeni, noti sulla Terra per produrre metano come prodotto di scarto. Siccome il metano permane per breve tempo nell’atmosfera prima di essere distrutto, una sua rivelazione indica necessariamente un’emissione molto recente.
Le misure del metano marziano sono sempre state rare e frammentarie, spesso appena al di sopra delle capacità degli strumenti a disposizione. La prima vera osservazione di metano si è avuta nel 2004 grazie a Mars Express, la sonda ESA che da poco ha festeggiato i suoi 15 anni in orbita e che allora era da poco arrivata a destinazione. Il 15 giugno 2013 il rover Curiosity ha nuovamente rilevato la presenza di metano nel Gale Crater. Mai era però stata confermata una misura da due strumenti in contemporanea, lasciando ampio spazio al dibattito sull’effettiva rilevanza delle singole misure ottenute finora.
Qual è la novità
La novità è che rianalizzando i dati di Mars Express ottenuti nei primi 20 mesi di attività di Curiosity, gli autori dello studio pubblicato oggi su Nature hanno rilevato metano nel Gale Crater appena un giorno dopo Curiosity, confermando in maniera indipendente un’emissione in quel periodo. La quantità di gas misurata è di 15 parti per miliardo in volume, che è un valore molto piccolo in assoluto ma molto grande per Marte. Questo valore è confrontabile con le 6 parti per miliardo misurate il giorno prima da Curiosity, e con le 10 parti per miliardo misurate dallo stesso Mars Express nel 2004, rafforzandone quindi la scoperta. Ai tempi di Curiosity il vento soffiava verso Sud, e si pensava quindi che l’eventuale sorgente di metano fosse situata poco più a nord all’interno del Gale Crater. Studiando invece la circolazione atmosferica di quei giorni e la geologia del luogo della scoperta, il team di Mars Express ritiene che la sorgente si trovi circa 500 km ad est del cratere e che potrebbe essere legata all’infiltrazione del gas (gas seepage), un fenomeno geologico in cui il gas che si trova sotto terra viene rilasciato in relazione a processi tettonici, vulcanici o meteoritici. Alcune faglie tettoniche situate nella regione incriminata potrebbero aver fatto fuoriuscire del metano eventualmente presente nel ghiaccio sotterraneo.
La regione in cui la probabilità di emissione è più alta è quella di Aeolis Mensae, ed in particolare la Medusae Fossae Formation, un’area che ospita un sottosuolo ricco di ghiaccio del tutto simile al permafrost diffuso anche sulla Terra.
Come è avvenuta la scoperta
A bordo di Mars Express si trova il Planetary Fourier Spectrometer (PFS), uno spettrometro infrarosso ideato all’INAF di Roma e pensato appositamente per lo studio della composizione e dei parametri atmosferici (usato peraltro anche a bordo di Venus Express). Studiando quindi la radiazione riflessa dalla superficie, che prima di arrivare allo strumento passa attraverso gli strati atmosferici, è possibile quindi risalire alla composizione dei gas che li compongono. Per quanto riguarda l’atmosfera marziana, si tratta di un’operazione molto delicata: essendo molto tenue, infatti, la radiazione incontra poco gas prima di arrivare allo spettrometro, e questo è tanto più vero quanto il gas da rilevare è raro. Considerando poi che l’atmosfera marziana è quasi integralmente composta di anidride carbonica, tutti gli altri gas sono presenti solamente in traccia ed il loro studio e monitoraggio richiede una elevata sensibilità strumentale. Per lo studio in questione è stata utilizzata la tecnica dello spot tracking, una tecnica osservativa che consente di ottenere molti dati dalla stessa area osservandola da angolazioni diverse mano mano che la sonda procede nella sua orbita. In questo modo si possono ottenere molte più informazioni sull’atmosfera in quel dato luogo di quante se ne potrebbero ottenere da un’osservazione singola.
Per quanto riguarda la localizzazione della sorgente del metano sono state condotte due analisi in maniera indipendente, che tuttavia hanno portato allo stesso risultato. La prima ha sfruttato i modelli di circolazione atmosferica del Royal Belgian Institute for Space Aeronomy per comprendere da quale regione fosse più plausibile provenisse l’emissione, mentre la seconda, condotta da Giuseppe Etiope dell’INGV di Roma, ha analizzato le strutture geologicamente più adatte per tale emissione. Il fatto che le due analisi abbiano portato alla definizione della stessa area aumenta notevolmente la probabilità che la sorgente sia effettivamente situata lì.
Cosa ci riserva il futuro
Lo studio conferma l’ipotesi che il metano marziano non sia emesso in maniera continuativa ma episodica. Per capire in maniera più sicura quale sia la sorgente di questo metano sarà quindi necessario ricercare altri possibili episodi di emissione di metano nei 15 lunghi anni di osservazioni di Mars Express, oltre a sfruttare i dati di altre missioni come ExoMars. In particolare si aguzzerà la vista nel caso delle regioni che potrebbero essere interessate dai fenomeni geologici ipotizzati, pur senza dimenticare le altre possibilità, tra cui la tanto desiderata ipotesi biologica.
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