I mille volti delle nubi
Vanno vengono
[Alda Merini – Fabrizio de André]
ogni tanto si fermano
e quando si fermano sono nere come il corvo.
Certe volte sono bianche e corrono
e prendono la forma dell’airone
o della pecora o di qualche altra bestia.
Ma questo lo vedono meglio i bambini
che giocano a corrergli dietro per tanti metri.
Certe volte ti avvisano con rumore
prima di arrivare
e la terra si trema
e gli animali si stanno zitti.
Certe volte ti avvisano con rumore…
Vengono, vanno, ritornano
e magari si fermano tanti giorni
che non vedi più il sole e le stelle
e ti sembra di non conoscere più il posto dove stai.
Vanno, vengono
per una vera mille sono finte
e si mettono lì,
tra noi e il cielo,
a lasciarci soltanto una voglia di pioggia.
Con questi celebri versi introduciamo un approfondimento su uno dei fenomeni più belli e comuni che esistano in natura: quello delle nubi.
Cosa sono le nubi
L’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) definisce le nubi come idrometeore costituite da piccole particelle di acqua liquida, ghiaccio (o entrambi), sospese in atmosfera. Possono comprendere anche particelle costituite da elementi diversi come quelle presenti nei fumi e nelle polveri. Questa parola idrometeora definisce tutti i fenomeni che portano l’acqua condensata in atmosfera a cadere sulla superficie terrestre, ed oltre alle nubi ed in generale a tutte le particelle di acqua sospese in atmosfera, comprendono anche le precipitazioni vere e proprie (pioggia o neve), le particelle sollevate dal vento e quelle depositate a terra come la rugiada (ma non la pioggia o la neve che una volta toccata terra per convenzione vengono escluse dalla classificazione di idrometeore).
Le nubi in generale si formano a causa della condensazione del vapore acqueo in risalita nell’atmosfera. Sebbene i comportamenti locali della superficie o dei fenomeni atmosferici declinino la storia delle nubi in moltissime forme diverse, il processo basilare è sempre lo stesso: il Sole scalda la superficie terrestre causando l’evaporazione dell’acqua. L’aria umida è meno densa di quella secca, e tende perciò a risalire nell’atmosfera per galleggiamento, così come fa un ghiacciolo immerso nell’acqua.
Introduciamo ora il concetto di punto di saturazione, ossia la quantità massima di vapore acqueo che può essere contenuta all’interno di un volume di aria prima di iniziare a condensare, ossia se una volta raggiunto tale punto aggiungiamo alla massa d’aria ulteriore umidità, parte di essa passerà allo stato liquido o, se la temperatura è molto bassa, allo stato solido. Questo punto di saturazione dipende dalla temperatura, ossia se la temperatura è più alta è possibile mantenere più acqua allo stato gassoso rispetto ad una temperatura più bassa. Nel nostro caso abbiamo però una massa d’aria umida fissata (quella evaporata da terra), ed il parametro che cambia durante la risalita è quello della temperatura, quindi quello che dobbiamo valutare è quando la temperatura diventa abbastanza bassa da causare la condensazione della nostra massa d’aria.
Quando la temperatura rispetta questo criterio ed il vapor acqueo nella nostra massa di aria scende al di sotto del punto di condensazione iniziando a condensare, si forma una nube. Quella temperatura è nota con il nome di “punto di rugiada“. Il punto di rugiada si raggiunge poiché mano mano che la nostra massa sale, la pressione atmosferica diminuisce causando un’espansione della massa e quindi un suo raffreddamento.
La quota in cui si raggiunge il punto di rugiada prende il nome di Livello di Condensazione Forzata (o lifted condensation level, LCL) per le nubi non convettive, ossia quelle formate da una massa d’aria sollevata da elementi esterni come la morfologia del territorio (ad esempio una massa d’aria può risalire lungo il versante di una montagna), o di Livello di Condensazione Convettiva (o convective condensation level, CCL) per quelle convettive, ossia in cui la massa d’aria sale per semplice galleggiamento grazie al calore fornitole dalla superficie terrestre. Se il punto di rugiada si raggiunge al di sopra del punto di congelamento si formano piccoli cristalli di ghiaccio invece che goccioline di acqua.
Una volta raggiunto il punto di rugiada, le particelle di vapore acqueo sfruttano le particelle solide sospese in atmosfera, come piccolissimi granelli di polvere o di sali, che vengono pertanto dette nuclei di condensazione, come superficie su cui adagiarsi per condensare. Le gocce che si formano hanno un raggio in media di 2 micrometri (0.002 millimetri), ma possono andarsi ad unire in gocce più grandi mano mano che il loro numero aumenta e con esso la probabilità di collisione tra due gocce.
Si è formata una nube.
Come si classifica una nube
Le nubi vengono generalmente classificate in base al loro aspetto (dimensione, forma, struttura e trama), luminanza e colore.
La luminanza è una misura della quantità di luce che viene vista nel momento in cui si osserva un corpo in una data direzione, nel caso delle nubi della quantità di luce che la nube riflette, diffonde o trasmette. Tale luce proviene perlopiù dal Sole e dalla Luna, o è anche la luce solare diffusa dall’atmosfera terrestre o quella riflessa dalla superficie terrestre (molto forte nel caso di regioni nevose o ghiacciate). La luminanza è modificata dalla foschia che si interpone tra noi e la nube, o da fenomeni ottici come gli arcobaleni.
Le nubi diffondono la luce a tutte le frequenze ed il loro colore dipende quindi dal colore della luce incidente. La foschia tra l’osservatore e la nube può modificare tale colore, facendo sembrare le nubi lontane più gialle o rossastre rispetto a quelle più vicine. Quando il Sole è alto all’orizzonte le nubi risultano perlopiù bianche o grige, mentre le parti che ricevono molta luce diffusa dal cielo risultano sfumate di azzurro. Quando la luce solare è molto bassa, invece, le nubi tendono ad assumere il colore della superficie su cui si trovano.
Similmente al sistema tassonomico zoologico o botanico, anche le nubi vengono classificate utilizzando nomi latini (es: Cirrus fibratus) che identificano genere, specie e varietà. La classificazione, pubblicata dal WMO nell’Atlante delle Nubi, identifica le nubi ed i fenomeni che sono stati osservati con frequenza in varie parti del mondo, ma bisogna sempre tenere presente che le nubi sono oggetti in continua evoluzione e spesso la linea di demarcazione tra una tipologia e l’altra è labile ed esistono molte forme intermedie o di transizione che non si trovano nello schema di classificazione.
Quali tipologie di nubi esistono
Esistono 10 generi fondamentali, ognuno dei quali è suddiviso in più specie sulla base di variazioni nella forma o nella struttura interna. Esistono poi diverse varietà dell’aspetto visibile delle nubi. Il seguente elenco mostra con ordine di frequenza generi e specie. Per semplicità qui sono riportati i generi (con una foto di esempio), le varietà e le specie, ma non le ulteriori categorie di nubi speciali o accessoria, che potete ad ogni modo trovare nello schema del WMO. Cliccando sul nome della varietà o della specie verrete reindirizzati alla pagina del WMO che la descrive e che ne riporta un esempio fotografico.
- Cirrus: filamenti bianchi, macchie bianche o prevalentemente bianche o bande strette. Hanno un’apparenza filamentosa o setosa o entrambe. Le varietà possibili sono intortus, radiatus, vertebratus e duplicatus. Le specie di cirri sono le seguenti:
- Cirrocumulus: macchie, strati o fogli sottili di nubi senza ombreggiature, formate da piccoli elementi simili a grani e a piccole onde. Le varietà possibili di cirrocumuli sono undulatus e lacunosus. Le specie sono:
- Cirrostratus: trasparenti e biancastre, queste nuvole sono quasi un velo di apparenza fibrosa che copre in parte o completamente il cielo, producendo spesso un alone attorno al Sole. Le varietà possibili sono duplicatus e undulatus, le specie:
- Altocumulus: bianche o grigie (o entrambi), a macchie, fogli o strati, generalmente con ombreggiature. Sono spesso parzialmente fibbrose o diffuse, spesso ad elementi separati o uniti in nubi più grandi. Le varietà possibili di alticumuli sono translucidus, perlucidus, opacus, duplicatus, undulatus, radiatus, lacunosus, mentre le loro specie sono le seguenti:
- Altostratus: grigiastre o bluastre, formano uno strato di nubi uniformi che spesso coprono l’intero cielo, rivelando spesso il disco solare in maniera vaga, che comunque non dà origine ad aloni. Le varietà possibili sono translucidus, opacus, duplicatus, undulatus, radiatus. Non esistono specie per questo genere in quanto il suo aspetto è omogeneo ed uniforme e pertanto una classificazione ulteriore non sarebbe utile.
- Nimbostratus: grigie, spesso scure, sono portatrici di pioggia e neve. Il Sole viene nascosto. Anche in questo caso non c’è una classificazione ulteriore a causa dell’omogeneità della nube.
- Stratocumulus: grigie o biancastre (o entrambi) sono a macchie e strati che mostrano sempre parti scure. Le varietà possibili sono translucidus, perlucidus, opacus, duplicatus, undulatus, radiatus e lacunosus e le specie di stratocumulus sono:
- Stratus: generalmente sono uno strato grigio con una base uniforme che può dare origine a neve o a pioggia fine. Il disco solare si intravede netto attraverso le nubi, ma senza alone. Le varietà di strati sono opacus, translucidus e undulatus. Le due specie sono le seguenti:
- Cumulus: dense, alte e con contorni definiti che ricordano verso l’alto un cavolfiore. Le parti illuminate sono bianche brillanti, quelle basse spesso piatte e scure. L’unica varietà di cumulo è la radiatus, mentre le specie sono:
- Cumulonimbus: sono le nubi spesso più spettacolari, pesanti e dense con un grande spessore verticale, sembrano montagne di panna. Spesso alcune delle parti superiori sono lisce o striate e talvolta assumono una forma ad incudine. La base è molto spesso scura. Non esistono varietà di cumulonembo, mentre le due specie sono:
Fonti ed approfondimenti:
WMO: Cloud Atlas
Come funziona l’atmosfera terrestre?