Cosa succede all’ossigeno marziano?
Una nuova analisi della composizione atmosferica marziana al di sopra del Gale Crater scopre una variabilità inaspettata nel contenuto di ossigeno. Lo studio, effettuato tramite i dati del rover Curiosity, sul Journal of Geophysical Research.
Curiosity, il rover marziano made in USA che da anni monitora l’interno del cratere di Gale, porta con sé il Sample Analysis at Mars, per gli amici SAM, un laboratorio di analisi chimica “tascabile” che è in grado di studiare i gas presenti nell’atmosfera marziana. Su Marte l’aria è composta al 95% da anidride carbonica, e poi da tutta una serie di gas in traccia, di cui i più abbondanti sono l’azoto molecolare (2,6%), l’argon (1.9%) e l’ossigeno molecolare (0,16%).
Queste abbondanze conoscono variazioni ben note nel corso dell’anno, perché in inverno parte dell’anidride carbonica condensa ai poli, riducendo la quantità di aria presente in atmosfera e quindi costringendo gli altri gas a ridistribuirsi lungo tutto il pianeta per mantenere la pressione atmosferica in equilibrio. I gas tendono infatti sempre a distribuirsi omogeneamente in tutto lo spazio in cui si trovano, fatto che si manifesta ad esempio tramite i venti.
Ci si aspetta quindi che durante l’inverno, quando la CO2 condensa in ghiaccio, localmente le altre specie chimiche diminuiscano in quantità, mentre in estate, quando la CO2 evapora riaumentando la pressione atmosferica, localmente le altre specie aumentino in quantità.
Ciò che hanno scoperto i ricercatori dell’Università del Michigan, è che mentre argon e azoto seguono regolarmente le variazioni aspettate a causa della redistribuzione dei gas, l’ossigeno si comporta in modo strano. La sua concentrazione varia ulteriormente rispetto alla variazione aspettata, implicando che ci sia qualche processo in grado di produrlo o rimuoverlo dall’atmosfera.
Una prima ipotesi per spiegare il fenomeno è stata, per quanto riguqrda l’aumento di concentrazione, che l’ossigeno sia prodotto dalla rottura di molecole di anidride carbonica o di acqua, ad esempio tramite i processi fotochimici (ossia quelli dovuti all’interazione tra luce e molecole). Ma l’acqua non è abbastanza e la CO2 è troppo lenta ad essere spezzata dai fotoni per ottenere i risultati osservati. Inoltre, anche per quanto riguarda i momenti in cui l’ossigeno si riduce non si hanno ipotesi plausibili.
Come se non bastasse, la variazione dell’ossigeno sembra essere piuttosto simile a quella del metano, una molecola che SAM misura in microscopiche quantità (0.00000004%) e che altri strumenti e missioni in genere non vedono affatto. Potrebbe quindi esserci qualche collegamento tra i fenomeni che interessano questi due gas, il che infittisce ulteriormente il mistero.