Nuove tecnologie per la ricerca di vita extraterrestre
Un accordo tra il Seti Insititute e il National Radio Astronomy Observatory apre nuove prospettive sulla ricerca di vita al di fuori del Sistema Solare, in particolare per quelle forme di vita che potrebbero aver sviluppato tecnologie come le nostre.
Nel 1960 l’astronomo americano Frank Drake pubblicò l’equazione che porta il suo nome, l’equazione di Drake per l’appunto, che serviva a dare una stima del possibile numero di civiltà extraterrestri tecnologicamente avanzate presenti nell’Universo. Esistono molti dubbi sull’utilità pratica di tale equazione, eppure in un certo senso è con essa che si inizia a dare una forma scientifica moderna alla ricerca di vita al di fuori della nostra Terra. È in parte con Drake che nasce il Seti – Search for Extraterrestrial Intelligence – il termine che indica gli esperimenti scientifici volti alla ricerca di vita extraterrestre.
Nel 1984 venne fondato il Seti Institute, un’organizzazione non-profit di cui l’ormai novantenne Drake è ancora presidente, che ha l’obiettivo di esplorare e capire l’origine della vita nell’Universo e lo sviluppo di forme di vita intelligenti. Fino a non molto tempo fa, si poteva fare ben poco per ricercare la vita al di fuori del Sistema Solare. Si poteva ad esempio restare in ascolto sperando di trovare qualche segnale radio forse emesso da una eventuale civiltà tecnologicamente avanzata, come fa l’Allen Telescope Array legato, appunto, al Seti Institute.
Oggi la faccenda è un po’ diversa, perché le crescenti potenzialità tecnologiche degli attuali osservatori celesti aprono prospettive completamente nuove, per di più in un periodo storico in cui stiamo scoprendo migliaia di sistemi planetari orbitanti attorno ad altre stelle della nostra galassia. Sono in sviluppo numerose tecniche che potrebbero permettere di trovare le cosiddette technosignatures (tecno-firme), delle indicazioni di tecnologia attorno ai pianeti extrasolari che si potrebbero rintracciare ad esempio nella composizione chimica della loro atmosfera (come emissioni industriali), in eventuali emissioni laser o in strutture artificiali orbitanti come costellazioni di satelliti per le telecomunicazioni.
Proprio in quest’ottica, il Seti Institute ha stretto un accordo con il National Radio Astronomy Observatory (Nrao) situato in Virginia, Usa. L’accordo di collaborazione prevede l’installazione di alcuni sistemi Seti sui radio telescopi del Very Large Array del Nrao, che saranno così in grado di indagare le possibili tecno-firme durante le osservazioni ordinarie.
“Mentre il VLA conduce le sue consuete osservazioni scientifiche, questo nuovo sistema permetterà di avere un utilizzo addizionale per i dati che stiamo già raccogliendo,” afferma Tony Beasley, il direttore del Nrao. “Determinare se siamo soli o meno nell’Universo come vita tecnologicamente avanzata è una delle domande più interessanti, e i telescopi Nrao possono avere un ruolo determinante nel cercarne le risposte.”
Le forme di vita, in generale, possono produrre dei traccianti anche se non hanno sviluppato tecnologia. Per esempio, la presenza di ossigeno, metano o altre componenti chimiche nell’atmosfera può avere un’origine biologica. Il problema, sia per questi traccianti biologici che per i traccianti tecnologici, è che prestano il fianco a numerosissimi falsi positivi. Il metano ad esempio può essere prodotto da forme di vita, ma ci sono anche numerosi processi geologici attraverso i quali si può formare. Prima di annunciare “abbiamo scoperto la vita su un pianeta extrasolare”, una notizia che sarebbe a dir poco sconvolgente per la nostra società, bisognerebbe esserne veramente sicuri. La domanda resta quindi aperta: quanto e come potremmo essere così sicuri di aver trovato traccianti biologici o tecnologici da dare un annuncio a riguardo?