Ci sono crateri vulcanici ai poli di Titano
Una nuova ricerca, basata sui dati radar della sonda Cassini, punta sull’origine vulcanica di alcuni dettagli delle superfici polari di Titano. Le strutture identificate sembrano giovani, e ciò potrebbe indicare un vulcanismo ancora attivo sul satellite più grande di Saturno.
I dati della sonda Cassini della Nasa sono una fonte inesauribile di conoscenza sul sistema di Saturno. Lanciata il 15 ottobre del lontano 1997, è rimasta per ben 20 anni in orbita attorno al gigante gassoso, fornendo un’incredibile quantità di dati e osservazioni sul pianeta e sulle sue 82 lune.
Charles Wood del Planetary Science Institute di Tucson e Jani Radebaugh della Brigham Young University hanno usato alcuni di questi dati, quelli radar per la precisione, per scandagliare la superficie di Titano, il più grande satellite di Saturno. E il risultato è stato qualcosa di inaspettato: ai poli di Titano sono presenti alcuni segni di possibile attività vulcanica passata o, forse, persino attuale.
I segni sono di natura geomorfologica: il terreno sembra aver subito numerosi collassi, talvolta innestati l’uno nell’altro. Sono evidenti ripidi rilievi, isole e aloni nei laghi di metano che costellano le superfici polari di Titano. Altre depressioni simili, ma meno numerose e più piccole, si riscontrano anche al polo sud.
Questi crateri potrebbero essersi formati a causa di eruzioni esplosive con conseguente collasso, sia sotto forma di caldere che di maar, due tipiche strutture depresse associate al vulcanismo che sovente vengono riempite da laghi. L’aspetto più entusiasmante della scoperta è che alcuni di questi crateri sembrano essere giovani, cosa che indicherebbe un vulcanismo recente, o addirittura attuale, sul satellite di Saturno.
Non sarebbe la prima volta che con i dati di Cassini si trova qualche forma geologica simile a quelle che troviamo sulla Terra. Su Titano ci sono dune di sabbia, laghi e valli fluviali, risultato dell’azione dell’atmosfera sulla superficie. «C’è anche evidenza di calore interno che si manifesta sulla superficie tramite criovulcani, il risultato della fusione del ghiaccio d’acqua crostale in acqua liquida che erutta dalla superficie» dice Wood. «Queste strutture sono più o meno circolari, hanno bordi elevati, e talvolta si sovrappongono tra di loro. Sono consistenti con la forma di altre strutture vulcaniche sulla Terra e su Marte, formate dai processi di esplosione, escavazione e collasso.»
Articolo pubblicato il 24 giugno 2020 su Media Inaf