Astronomia

Il Turismo Astronomico e la necessità di un cielo notturno

Se si vuole un cielo come si deve, sono pochi i luoghi in Italia dove si può andare a fare turismo astronomico. L’inquinamento luminoso mina infatti la bellezza del cielo notturno, rendendolo una risorsa preziosa quanto rara.

In Italia, e più in generale in Europa, di luoghi senza inquinamento luminoso non ce ne sono. Per quanto si pensi che il cielo sia buio non è mai come sarebbe in assenza di fonti di luce artificiali. Però è indubbio che alcuni luoghi siano migliori di altri da questo punto di vista: l’entroterra sardo, la maremma, l’appennino abruzzese e alcune valli alpine riescono a mantenere almeno in parte quel fascino antico del cielo, un fascino completamente dimenticato nei luoghi più abitati, prime fra tutti le grandi metropoli di Roma, Milano e Napoli.

Quantificare il problema

Illuminiamo quando non serve, troppo e male. Secondo il World Atlas of Artificial Night Sky Brightness del 2016, l’80% della popolazione mondiale non ha accesso a un vero e proprio cielo notturno. In Europa e negli Stati Uniti questa percentuale raggiunge il 99%, con piccolissimi sprazzi di respiro in Norvegia, Svezia e in Austria.

Per avere un’idea quantitativa del problema si può dare un’occhiata alla light pollution map, una mappa interattiva che permette di consultare i dati sull’inquinamento luminoso dell’atlante mondiale della brillanza del cielo. Un dato da prendere in esame quando si consulta questa mappa è lo Sky Quality Meter (indicato come SQM), un valore che indica la luminosità diffusa per area di cielo. Più questo valore è alto, meno il cielo è luminoso.

Nella Light Pollution Map si possono vedere i dati sulla brillanza del cielo in tutte le regioni del mondo in cui sono disponibili. Si può consultare qui

Si tratta comunque di un dato parziale, l’inquinamento luminoso è un problema complesso e ricco di sfaccettature, un tema tanto grave quanto sottovalutato che richiede uno sforzo concertato tra ricerca e politica per essere affrontato. L’International Dark Sky Association identifica quattro principali componenti dell’inquinamento luminoso, ognuna delle quali richiede diverse — e non sempre possibili in un contesto urbano — contromisure per essere contrastata: il glare (l’eccessiva luminosità), lo skyglow (la brillanza del cielo sulle aree abitate), il light trespass (la luce che finisce dove non dovrebbe o non servirebbe) e il clutter (l’eccessivo raggruppamento di sorgenti luminose).

La necessità del turismo astronomico

L’inquinamento luminoso è una minaccia da vari punti di vista, ambientale perché è di disturbo per gli ecosistemi, medico perché disturba i cicli di sonno e veglia, ed energetico perché ogni luce che illumina qualcosa senza scopo è uno spreco di energia. Ma è anche una privazione drammatica di una parte essenziale di noi stessi, della nostra storia e della nostra cultura: l’oscurità grazie alla quale possiamo immergerci in una delle più incredibili meraviglie che la natura ci offre, il cielo notturno che da sempre abbiamo amato e che sempre è stato fonte di ispirazione.

Ed è forse proprio da questa privazione che nasce la necessità di un turismo astronomico, un modo per riscoprire quel contatto con il cielo notturno di cui ci siamo privati ma a cui non riusciamo e non possiamo rinunciare.

Le certificazioni per il turismo astronomico di Astronomitaly

Se si vuole organizzare un viaggio astronomico, si può quindi partire dai dati SQM, che danno almeno un’idea di che tipo di cielo ci si può aspettare in una data località. Ed è proprio uno dei punti di partenza che utilizza anche Astronomitaly — il primo progetto di sviluppo per il Turismo Astronomico in Italia — per certificare I cieli più belli d’Italia, un marchio ideato per favorire il turismo astronomico nei luoghi più bui ma allo stesso tempo turisticamente ricettivi. Ci sono tre livelli di qualità del turismo astronomico identificati con una terna olimpica rame, argento e oro.

Una delle fotografie del cielo notturno scattate da Astronomitaly durante i sopralluoghi della Val Di Sole. Credits: Astronomitaly

Durante i nostri sopralluoghi abbiamo operato intere notti sotto le stelle,” spiega Fabrizio Marra, fondatore di Astronomitaly, “misurando scientificamente la quantità di inquinamento luminoso attraverso appositi strumenti e metodologie tra cui lo sky quality meter e valutando la qualità dei servizi ricettivi e ristorativi della destinazione“. Prendendo in considerazione questi fattori sono state affidate circa trenta certificazioni su tutto il territorio (consultabili qui). Tra le varie località, il record per numero di certificazioni spetta alla Val di Sole, in Trentino-Alto Adige, dove i luoghi certificati sono tre (Rifugio Albasini di Dimaro, Malga Del Doss e località Valpiana vicino Ossana).

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