Il Dna: la base della vita
L’acido desossiribonucleico, o Dna, è la molecola alla base della vita, almeno per come la conosciamo sulla Terra. La sua scoperta travagliata è il frutto di quasi un secolo di ricerche iniziate con i lavori di Rosalind Franklin, la scienziata che dà il nome al rover di Exomars.
Lo studio della biologia molecolare muove i primi passi nella metà dell’800 quando si inizia a sospettare che esista una sostanza sconosciuta che detta le regole dell’organizzazione dei sistemi biologici, senza tuttavia poter intuire che tipo di codice sia alla base di queste regole. L’avanzare dello sviluppo di nuove tecnologie e il loro impiego nelle ricerche condotte nei laboratori permisero già nei primi del ‘900 di isolare questa sostanza sconosciuta da alcuni microrganismi, senza riuscire a descriverla e identificarne struttura e organizzazione, tant’è che venne solo trovato il suo collocamento all’interno del nucleo cellulare e pertanto battezzata “nucleina”.
Dalla Nucleina al Dna
Come si sa, la scienza è fatta di piccoli passi e a raccogliere i frutti di un lungo cammino non è quasi mai chi lo inaugura, ma chi lo conclude. Così, nel 1953 James Watson e Francis Crick presentarono alla comunità scientifica il risultato di un percorso realizzato grazie a tanti contributi fondamentali di altri scienziati, ma che venne attributo nei meriti esclusivamente ai due ricercatori che descrissero per primi la struttura a doppia elica della fantomatica sostanza sconosciuta, il Dna, prendendosene così l’esclusivo merito agli occhi della storia.
L’obiettivo fu centrato grazie agli studi condotti da Rosalind Franklin, attraverso le immagini da diffrazione a raggi X da lei realizzate sulla molecola di Dna, e che a causa della massiccia esposizione a radiazioni, perse la vita pochi anni dopo. In seguito alla descrizione della struttura della doppia elica fatta da Watson e Crick, nel 1957 riuscirono altresì a chiarire le relazioni fra Dna, Rna e sintesi proteica. Nel 1962 Rosalind Franklin era già morta quando Watson e Crick ricevettero il Premio Nobel per la medicina, senza però alcuna menzione e riconoscimento per la scienziata che aveva realizzato le prime e più importanti osservazioni della doppia elica grazie ai raggi X.
Oggi a distanza di meno di un secolo, la missione ExoMars 2022 intende riconoscere il ruolo cruciale che questa donna ebbe nella scoperta del Dna, intitolandole il Rover che sarà lanciato su Marte nel 2022 e che condurrà preziosi esperimenti di esobiologia, essendo in grado di procedere all’estrazione e identificazione di possibili molecole organiche presenti nei campioni di suolo marziano.
Cos’è il Dna
La scoperta del Dna ha aperto uno dei capitoli più importanti per la comprensione della vita in questo e altri mondi. ll Dna o acido desossiribonucleico è una doppia elica costituita da piccoli mattoncini chiamati basi azotate (A G C T) o nucleotidi che sono disposti in ordine non casuale. Si dividono in due gruppi, le Purine: “Adenina e Guanina” e le Pirimidine: “Citosina e Timina” (nell’RNA l’Uracile sostituisce la Timina che non è presente).
Nei due filamenti che formano un’elica di Acido Desossiribonucleico, si accoppiano fronteggiandosi in modo fra loro complementare le basi azotate, A con T e C con G, formando due legami idrogeno tra la prima coppia di basi e tre nella seconda i quali determinano l’avvolgimento della doppia elica. Il ruolo di questa complessa molecola nei sistemi biologici è quello di trasferire l’informazione genetica per la sintesi delle strutture proteiche che compongono tutti i tessuti.
Nello scorrimento dell’elica del Dna, esistono aree codificanti ed aree che non codificano, nelle prime ogni tre basi azotate si definisce una tripletta chiamata Codone, che codifica, cioè individua, uno specifico aminoacido, mattone fondamentale delle proteine. Il segnale del codone viene trascritto da un’altra molecola importante che è l’Rna messaggero (di cui tanto si parla tanto per i vaccini Covid-19), ed è colui che fa ordine e trasporta l’informazione alle strutture citoplasmatiche (ribosomi) che assemblano gli amminoacidi in proteine. La sequenza ordinata di questi aminoacidi, come codificati dal Dna, costituirà una specifica proteina con una specifica funzione strutturale dei tessuti o di catalizzatore delle reazioni, propria degli enzimi, rivelando come il Dna sia una sequenza definita e non casuale di informazioni importantissime e fondamentali per la vita.
Gli studi presenti e futuri sul Dna
Ad oggi gli studi sull’impiego del Dna proseguono in innumerevoli direzioni e applicazioni. Recentemente alcuni scienziati hanno avuto una brillante intuizione, quella di utilizzare questa molecola biologica, che trasporta informazioni, per creare delle minuscole macchine e computer a base biomolecolare.
Una particolare struttura dell’elica detta a “nodo intrecciato” scoperta da poco, potrebbe essere utilizzata come un interruttore che si può trovare in due forme On e Off, mediante l’aggiunta di sostanze come rame e ossigeno che lo costringono a cambiare forma identificando una serie di nuovi “trigger”, cioè di punti di “innesco” per controllare questo processo.
Uno dei risvolti potrebbe essere l’applicazione del sistema di coding genetico all’informatica, per la costruzione di tecnologie su base biologica e la cui applicazione potrebbe essere impiegata nei nanobot (robot di natura microscopica, misurati in gran parte sulla scala dei nanometri con compiti specifici a livello atomico, molecolare e cellulare per la cura di malattie) e nei computer con codice Dna.
Il concetto è molto semplice: usare un sistema biologico di codificazione, quello del Dna computing, che all’interno delle macchine per l’archiviazione dei dati e per costruire semplici porte e circuiti logici. Ma le applicazioni non finiscono qui. In un’altra ricerca, ad esempio, la Nasa supporta nel programma di astrobiologia (attraverso il programma di Esobiologia) l’elaborazione e la costruzione di una nuova molecola sintetica, che emula il Dna terrestre, con una differenza fondamentale legata alla sua composizione. Il Dna sintetico è stato battezzato Dna hachimoji (dal giapponese hachi=otto e moji=lettera) poiché non è costituito dalle classiche basi azotate ACGT, ma da 8 nucleotidi, di cui 4 naturali e 4 di elaborazione sintetica, risultando come una doppia elica simile in tutto e per tutto alla struttura di Watson Crick. Questo Dna sintetico ha la capacità di immagazzinare e trasmettere le informazioni genetiche, proprio come il Dna esistente in natura sulla terra.
Tutti questi studi e queste applicazioni mirano all’impiego delle tecnologie che operano sugli acidi nucleici per la creazione di nuovi strumenti di ricerca destinati alla comprensione di altri e più complessi sistemi biologici che possono esistere al di fuori del nostro sistema naturale del pianeta Terra, dove l’evoluzione può aver avuto luogo in maniera differente e soprattutto basandosi su un codice genetico differente da quello che conosciamo. Non è da escludere, infatti, che altre forme di vita a noi sconosciute, e presenti in altri mondi, si basino sul nostro stesso sistema molecolare con piccole differenze. È proprio questa nuova frontiera della ricerca che, nel breve o lungo periodo, permetterà agli scienziati di allargare la loro visuale su altri sistemi genetici che potrebbero aver dato luogo in passato, o servire in futuro, come base di sviluppo per la vita.