Cos’è il Magnetismo? Da Peregrinus ad Einstein
Gli effetti del Magnetismo sono evidenti nella vita quotidiana. Tutt’altra storia descriverli e spiegarli. Svariati filosofi naturalisti e fisici hanno cercato di fornire una spiegazione e descrizione del fenomeno nel corso della storia. Vediamo come è evoluto fino a giungere all’Interpretazione Relativistica.
Il Campo Magnetico nell’Antichità
Si è cominciato a parlare di magnetismo nell’antichità indicando gli effetti di attrazione di particolari minerali, come la magnetite, su polveri ed oggetti di ferro. Nonostante ciò, non abbiamo studi accurati documentati in occidente fino al 1200 d.C, come quello di Petrus Peregrinus intitolata “Epistola de Magnete“. Introdusse la terminologia dei poli magnetici che tutt’ora utilizziamo, Osservò la formazione di altri dipoli magnetici frammentando una calamita. Descrisse i diversi tipi di interazione: attrazione fra poli diversi, repulsione fra poli uguali.
Il Campo Magnetico nell’epoca Contemporanea
I primi scienziati dell’epoca contemporanea cominciano a descriverlo come l’effetto di un campo di forze: il campo magnetico, individuato dalle linee formate dalla polvere di ferro. Øested scoprì che le correnti elettriche generano dei campi magnetici. Ampere contribuì a gettare delle prime basi matematiche, descrivendo il campo magnetico in maniera del tutto analoga alla descrizione del momento angolare [L] in meccanica, definendo così il momento di dipolo magnetico [μ]. Dato un punto di massa “m”, che ruota di moto circolare uniforme nello spazio, si può descrivere il suo momento angolare come grandezza vettoriale (cioè descritta sia da una intensità che da una direzione nello spazio), perpendicolare al suo piano di rotazione. Per il momento magnetico, si può giungere ad una descrizione simile ponendo la carica elettrica dei “portatori di cariche” al posto della massa. All’epoca ancora non si conoscevano ne elettroni e ne protoni.
Giunti alle Equazioni di Maxwell, che unificano i campi magnetico ed elettrico nell’elettromagnetismo e quest’ultimo con l’ottica, il fenomeno è descritto in maniera più completa. Nell’osservarne gli effetti nella materia, escono fuori una grande quantità di enti. C’è il campo magnetico H, c’è il campo d’induzione magnetica B, il campo di magnetizzazione M, la Forza di Lorentz, il potenziale vettore magnetico A. Nel caso di campi magnetostatici si può persino introdurre un potenziale scalare Vm in modo del tutto analogo al potenziale elettrico. (Vedremo in un altro articolo come Gauss lo usò per ricavare le dimensioni del nucleo terrestre con ottima approssimazione per l’epoca). Dunque il magnetismo diventa tutt’altro che di semplice spiegazione, risultando molto complesso da descrivere dato che porta in ballo i fenomeni elettrici e come questi variano nel tempo.
Una Interpretazione Ottocentesca
Fino alla distruzione del concetto di Etere Luminifero, vari fisici pensavano che fosse intimamente legato alla natura dei campi magnetici, e che il campo magnetico stesso fornisse delle informazioni riguardo la sua direzione. Ad esempio McCullagh pensava che la velocità dell’etere luminifero fosse in intensità e verso in stretta connessione con la Forza di Lorentz[1]. Quando Einstein dimostrò che questo medium non può esistere, questa come altre possibili correlazioni alla ricerca della natura del magnetismo sono state scartate. Del resto, è così che funziona la Scienza!
L’Interpretazione Relativistica del Campo Magnetico
Arriviamo dunque al fulcro del nostro discorso. Dopo questo quadro un po’ impressionista dell’evoluzione del concetto di campo magnetico fino al risultato più saldo individuato dalle Equazioni di Maxwell e generalmente usato per molte applicazioni, ci manca l’ultimo grande balzo. Reggetevi forte!
La Relatività Ristretta di Einstein ha permesso di giungere ad una descrizione del Magnetismo che offre una interpretazione profonda sulla natura del campo magnetico. Infatti precedentemente non s’è fatto altro che delineare cosa sia l’interazione magnetica rispetto agli altri fenomeni. Come sia correlata ai fenomeni elettrici, e più profondamente come questi fenomeni siano interconnessi, non potendo esistere separatamente. Come fanno cose sulla materia; ma sempre di due campi di forze parliamo, due manifestazioni dello stesso ente: il campo elettromagnetico. Li sappiamo ben descrivere ma generalmente sappiamo poco o nulla sulla loro natura.
Applicando le Trasformate di Lorentz, si scopre che il campo magnetico può essere descritto come un Effetto Relativistico del moto dei campi elettrici. Plot twist!
Un modello: Il Filo Conduttore
Introduciamo un modello per la descrizione. Descriviamo un filo conduttore bidimensionale come una successione di cariche elettriche positive solidali rispetto al sistema di riferimento preso in considerazione, che indicheremo come OXY. L’elettrone si muove lungo il filo ed a causa delle trasformate di Lorentz, sperimenta nel sistema di riferimento O’X’Y’ a lui solidale una variazione nella misura della Forza Elettrostatica di attrazione con il filo. Si riesce a dimostrare che questa variazione della Forza Elettrica altri non sarebbe che la Forza di Lorentz [FL], e che invertendo chi si muove rispetto a chi, il risultato non cambia (Covarianza). Da questo risultato si può evincere che secondo questo modello il campo d’induzione magnetica [B] non farebbe altro che indicare la direzione d’azione della Forza di Lorentz [FL], quando è presente una corrente elettrica [I], indicando la direzione perpendicolare ai due campi.
Vi presentiamo in seguito lo sviluppo matematico di quanto esposto. [EDIT: l’immagine nel popup non viene letta da tutti i dispositivi mobili]
NOTA: Nell’esempio sono stati volutamente disposte la velocità in direzione x e la forza elettrostatica in direzione y in modo tale da non dover usare la notazione vettoriale delle formule sotto esposte.
Considerazioni sul Magnetismo nella Materia
Prima abbiamo portato l’esempio del Magnetismo dovuto al filo percorso da una corrente elettrica. Dato che gli effetti relativistici generalmente diventano apprezzabili a velocità prossime a quella della luce, ciò potrebbe far pensare che in un filo percorso da una corrente elettrica gli elettroni si muovano a velocità relativistiche. Niente affatto!
Come avevamo visto qui, la velocità di una corrente elettrica in un conduttore è generalmente molto lenta.
Quindi i campi magnetici sono apprezzabili grazie alla grande mole di cariche elettriche mosse generalmente nelle correnti elettriche. Per questo, avere velocità dei portatori di carica molto elevate (come in un plasma od in un superconduttore), permette di produrre campi magnetici molto intensi, come quelli richiesti negli acceleratori di particelle e nei reattori a fusione nucleare, o nei propulsori al plasma, soprattutto quelli che sfruttano la riconnessione magnetica (di cui vi devo ancora parlare, ma troverete qui un rimando non appena avrò un articolo pronto).
Note
[1] La Scienza e l’Ipotesi. Henry Poincaré
Fonte: FMBoschetto
Interessante articolo, grazie per tutte queste informazioni
Grazie Mille!
ma tutto cio’ come si applica ai magneti permanenti dove le correnti totali dovrebbero essere nulle ?
Ciao Marco! Scusami se ti rispondo solo ora.
Nei magneti permanenti il campo magnetico è dovuto al fatto che ogni molecola della lega ha degli atomi con elettroni spaiati che generano un campo magnetico non nullo. Infatti, per il principio di esclusione di Pauli, su ogni orbitale coesistono due elettroni con spin magnetico opposto, e quindi il campo magnetico totale degli orbitali completi è nullo.
In più, nei materiali ferromagnetici esistono i Domini di Weiss. Sono i grani della struttura cristallina del reticolo metallico in cui ogni “cella” mantiene il proprio campo magnetico coerente con quello delle celle del proprio grano, che aiuta ad avere un campo magnetico macroscopico diverso da zero.
Quindi ogni elettrone spaiato responsabile del campo magnetico del magnete può essere visto da un punto di vista relativistico come descritto nell’articolo. Solo che, invece di seguire una traiettoria rettilinea, seguirebbe una traiettoria curva.