Che cos’è l’Esagono di Saturno?
Al polo nord di Saturno c’è una struttura atmosferica a forma di esagono. Più di 40 anni dopo la scoperta, questa figura è ancora un mistero. O forse no?
Quando le sonde Voyager sorvolarono Saturno, il pianeta con gli anelli, ci permisero di fare una scoperta a dir poco inaspettata. Al suo polo nord una strana struttura atmosferica disegnava un esagono quasi perfetto. Negli anni abbiamo fatto molte ipotesi per cercare di comprendere di che si tratta, ma ancora fatichiamo a capirlo fino in fondo. Quello che è certo è che, quasi mezzo secolo dopo quel sorvolo delle Voyager, l’esagono di Saturno è ancora lì.
La scoperta dell’Esagono
Le sonde Voyager sorvolarono Saturno nei pressi dell’equatore: non stupisce quindi che la maggior parte dei primi studi scientifici pubblicati in seguito al sorvolo si siano concentrati sulla regione equatoriale e che la scoperta dell’esagono, situato invece al polo nord, si sia fatta attendere un po’. Le Voyager sorvolarono Saturno nel 1981, ma la prima pubblicazione scientifica in cui viene nominato e descritto l’esagono è del 1988, a firma di tale David Godfrey. Nuove immagini e dettagli riguardo questa struttura atmosferica vennero raccolti poi dalla sonda Cassini-Huygens a partire dal 2006. Per un primo periodo, fino al 2009, Cassini raccolse solamente dati all’infrarosso dell’esagono, avvolto dall’oscurità dell’inverno polare, poi nel 2009 arrivò la primavera saturniana e con essa le prime immagini alla luce del Sole.
Cosa sappiamo dell’Esagono
L’esagono di Saturno è un struttura a sei lati in una corrente a getto, un flusso di vento che soffia nell’atmosfera saturniana da ovest verso est, che si estende per un’ampiezza di circa 29mila chilometri (i lati dell’esagono sono di circa 14mila chilometri l’uno). C’è da dire che tutte le bande delle nubi di Saturno sono definite da correnti a getto che abbracciano il pianeta, alcune che vanno da est verso ovest, altre che vanno ovest verso est, alternandosi. E lo fanno fino ai poli, entrambi, che sono occupati da vortici che ruotano fino a 540 chilometri orari a 88,5° di latitudine e che si estendono fino a 70 chilometri di altitudine sulle nubi.
L’esagono è estremamente stabile e longevo, tanto è vero che è quasi uguale a sé stesso da quando fu scoperto, ormai più di quaranta anni fa. La sua corrente soffia tra i 74° e i 76° di latitudine, con centro a 75°, quindi attorno al polo. E i suoi effetti si percepiscono fino alla stratosfera di Saturno, a oltre trecento chilometri di altitudine sulle nubi. L’esagono ruota a 320 chilometri orari in poco più di 10 ore. In realtà in 10 ore 39 minuti e 24 secondi, che è quasi esattamente il periodo delle emissioni radio del campo magnetico del pianeta che viene usato per stabilire la rotazione del pianeta. Calcolare il tempo di rotazione di un pianeta fatto di bande di gas che ruotano ognuna per conto suo non è infatti semplice come per un pianeta roccioso, e per questo uno dei sistemi usato per calcolare la rotazione dei pianeti come Saturno e Giove è quello di misurare le emissioni del campo magnetico, che indicano la velocità con cui questo ruota su sé stesso.
Vuol dire che rispetto alla rotazione del pianeta, l’esagono resta immobile o quasi, ruota insieme al pianeta. Ma sulla sua corrente a getto si può osservare il moto di piccole nubi, che alcuni paragonano al moto di automobili su una strada ferma, che non vanno a intaccare la stabilità della corrente.
Stesso esagono, altro colore
Per la verità qualcosa nel tempo è cambiato, nell’esagono di Saturno. Tra il 2012 e il 2016 la sonda Cassini ha osservato un cambiamento di colore: da un bluastro-verdino a un color oro. Si pensa che questo sia l’effetto del cambiamento di stagione.
Dopo l’equinozio di primavera del 2009 l’esagono è stato inondato di luce in misura sempre crescente fino al solstizio d’estate del maggio 2017 (su Saturno l’anno dura 29 anni terrestri). Questa luce potrebbe aver innescato la produzione di elementi fotochimici, ossia prodotti dall’azione dell’energia del Sole sui composti chimici atmosferici. E tra questi ci sarebbero proprio i responsabili del cambiamento di colore. Questi composti erano completamente assenti durante la notte polare (tra novembre 1995 e agosto 2009), in assenza di luce.
Come nasce l’esagono
Nel corso del tempo sono stati costruiti molti modelli per riprodurre ciò che vediamo al polo nord di Saturno, sia in laboratorio che tramite simulazioni al computer. Ma la verità è che nonostante le moltissime ipotesi, modelli, speculazioni, la sua origine resta un mistero. Un mistero che, tuttavia, oggi siamo piuttosto vicini a risolvere.
In alcuni esperimenti di laboratorio condotti presso l’università di Oxford è stato riprodotto qualcosa di simile: facendo ruotare un liquido a velocità diverse all’interno di una tanica, al centro e alla periferia si andavano proprio a costruire simili figure. A volte a esagono, a volte a ottagono, a volte a triangolo, dipendentemente dalle velocità e dalle viscosità del fluido che venivano scelte.
Queste figure si formavano nei punti più turbolenti del fluido in rotazione, e l’ipotesi quindi divenne che su Saturno l’esagono si formi lì dove cambia molto velocemente e in maniera turbolenta la velocità delle correnti a getto.
Guardando il grafico delle velocità delle correnti a getto su Saturno in base alla latitudine, scopriamo che l’esagono si forma proprio in corrispondenza della brusca variazione nei pressi del polo nord (il picco più in alto che va verso destra) a circa 78° gradi di latitudine. Secondo gli autori dello studio, dove la velocità cambia piuttosto bruscamente, possono crearsi le giuste condizioni di turbolenza che vanno a innescare la formazione delle figure geometriche.
Ma queste figure si presentano solo in determinate condizioni del fluido, entro alcuni limiti di viscosità e con la rotazione entro determinate velocità. E questo spiegherebbe anche perché l’esagono sia presente solo al polo nord e non al polo sud di Saturno, dove le variazioni idei venti sono molto meno brusche. Oppure anche perché un esagono non ci sia neanche ai poli di Giove dove, di nuovo, le condizioni sono differenti.
Fonti: Ingersoll, 2020; Spilker, 2019; Godfrey, 1988; Planetary Society