Ecco l’eredità marziana di Giovanni Schiaparelli
L’Archivio Storico dell’Osservatorio Astronomico di Brera ha ospitato nel 2022 il laboratorio per il restauro dei diari osservativi di Schiaparelli, lavoro effettuato in loco per evitare lo spostamento dei manoscritti.
Autorizzato dalla Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia, finanziato dal Servizio Biblioteche e Musei, dall’ Istituto Nazionale di Astrofisica e dall’Osservatorio Astronomico di Brera, il restauro ha interessato i 12 quaderni su cui Schiaparelli annotò minuziosamente le sue osservazioni di Marte, dall’agosto del 1877 all’ottobre del 1900.
Giovanni Virginio Schiaparelli nasce a Savigliano (CN) il 14 marzo 1835 e, dopo la laurea in Ingegneria a Torino nel 1854, studia astronomia presso l’Osservatorio Astronomico di Berlino, prima, e all’Osservatorio Imperiale di Pulkovo a San Pietroburgo, poi, dove fa pratica nell’uso degli strumenti.
Arrivato a Milano nel 1859 come secondo astronomo dell’Osservatorio, ne diventa direttore nel 1862, a 27 anni, mantenendo l’incarico fino al 1900. Da subito, la sua esigenza più immediata fu di promuovere l’astronomia italiana a livello internazionale, per ridarle il posto di rilievo europeo e internazionale che era convinto le appartenesse. È in quest’ottica che acquistò subito il primo telescopio, costruito a Monaco di Baviera dalle Officine Merz, il diametro della cui lente era di 22 cm e la lunghezza del tubo di 2 metri e mezzo. Malgrado alcune polemiche circa l’iniquità di un simile acquisto se paragonato all’alto tasso di analfabetismo italiano, Schiaparelli ne dimostrò invece la giusta necessità. Nel 1867, infatti, divenne uno degli astronomi più conosciuti al mondo, dopo aver scoperto il rapporto tra gli sciami meteorici (Leonidi e Perseidi) e le comete: quelle che comunemente sono dette “stelle cadenti” altro non sono che residui del transito cometario, intercettati periodicamente dall’orbita della Terra. Parte di quei frammenti entrano nell’atmosfera (mesosfera) del nostro pianeta, creando quell’effetto “pirotecnico”. Per questo studio, nel 1872 la Royal Astronomical Society conferirà a Schiaparelli la sua prestigiosa Medaglia d’oro.
Nell’agosto del 1877 Schiaparelli comincia a osservare Marte. L’interesse è immediato: annota su un quaderno le prime impressioni, accompagnandole con disegni del pianeta e, soprattutto, di alcune zone che distingue nei dettagli per colori e sfumature, fino a dar loro un nome. E andò oltre.
Marte era già studiato da anni ovviamente, ed esistevano anche alcune mappe, sebbene molto elementari. Avendo una laurea in ingegneria, Schiaparelli conosceva bene le regole della composizione cartografica terrestre: la sua intuizione fu, quindi, applicare quelle regole per disegnare una mappa della superficie di Marte quanto più dettagliata e precisa possibile, in accordo con le conoscenze geologiche e la tecnologia dell’epoca. Invece che di Geo-grafia, Schiaparelli parla di “Areo-grafia”, dal nome del dio greco “Ares”, Marte per i romani.
Ma la novità introdotta dall’astronomo fu individuare sul pianeta rosso 62 punti principali, dai quali creare una griglia di paralleli e meridiani simile a quella della Terra. Ciò rendeva più semplice – e molto più scientifico – inserire nei disegni quanto osservato dal telescopio. Chiamò queste aree “Mari” e “Oceani”. Molti dei toponimi di Marte attualmente in uso sono quelli dati da Schiaparelli.
L’Accademia dei Lincei pubblica la prima di queste mappe nel 1878, rendendo il Direttore dell’Osservatorio Astronomico italiano il più famoso cartografo di Marte al mondo.
Nel 1882 l’Osservatorio di Brera acquista il “Merz-Repsold”, un nuovo più potente telescopio, la cui lente ha un diametro di 49 cm, mentre il tubo raggiunge i 7 metri di lunghezza; all’epoca il più grande in Italia e uno dei più importanti al mondo. Schiaparelli lo chiama “il gran rifrattore”. Il telescopio è conservato al Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano.
Grazie al Merz-Repsold, Schiaparelli si accorge di una nuova rete di linee scure sulla superficie di Marte, definendoli “canali”. Nelle edizioni anglosassoni, la parola “canale” fu tradotta “canal”, invece che “channel”. La differenza, in inglese, è notevole: il primo sostantivo indica una struttura artificiale – quindi costruita da qualcuno – mentre il secondo si riferisce a strutture anche naturali. Questo equivoco linguistico generò, come è noto, un intenso dibattito tra chi sosteneva l’esistenza di una civiltà simile alla nostra e chi, come in parte lo stesso Schiaparelli, si limitava a prendere atto della conformazione geologica del pianeta. Alla prima “fazione” apparteneva anche Percival Lowell (Boston, 13 marzo 1855 – Flagstaff, 12 novembre 1916), tra i più importanti astronomi americani di allora. L’eco della discussione fu tale che i “marziani” divennero protagonisti di una florida nuova fantascienza.
La cartografia di Marte prodotta da Schiaparelli alimentò per anni l’interesse e la curiosità in tutto il mondo, e su più livelli. Quasi un secolo dopo, il 14 luglio 1965, dopo quasi 7 mesi dal lancio (28 novembre 1964), la sonda della NASA Mariner 4 sorvolò per la prima volta il pianeta rosso, restituendoci 22 foto della superficie. Nel 1971 fu la volta della Mariner 9, la prima sonda a orbitare intorno a Marte e a realizzare la prima vera mappatura del pianeta; fu anche la prima a fotografare le due piccole lune, Phobos e Deimos.
A dispetto di alcuni tentativi non riusciti, l’Unione Sovietica prima, e la Federazione Russa poi, parteciparono a importanti missioni spaziali verso Marte. Tra le più note, di certo Mars 2 e Mars 3: il lander della Mars 2 fu il primo strumento umano a toccare la superficie del pianeta rosso nel novembre del 1971, contribuendo non poco anche agli studi successivi sul Pianeta. L’interesse per Marte è quanto mai vivo oggi, e i super famosi Perseverance e Ingenuity (Mars Helicopter Scout) della missione NASA Mars 2020, ne sono la prova più che eloquente.
Il nome di Schiaparelli è legato anche allo studio delle “stelle doppie visuali”, oggetti di un sistema (dal binario al sestuplo) che orbitano intorno al baricentro del sistema stesso. Si distinguono due categorie di queste stelle: le stelle doppie fisiche e quelle ottiche. Le prime orbitano realmente le une intorno alle altre, perché legate a livello gravitazionale; le seconde, invece, appaiono tali (doppie, triple ecc.) solo per un effetto prospettico. Lo studio di questi oggetti è importante perché l’orbita relativa calcolata con le leggi di Keplero, misura le masse delle stelle del sistema; ciò permette di indicare la massa tipica di una stella di uno specifico colore spettrale e, di conseguenza, confermare o meno le teorie sull’evoluzione stellare.
Schiaparelli muore a Milano il 4 luglio 1910.
A Giovanni Virginio Schiaparelli sono dedicati un asteroide (4062 Schiaparelli), una catena montuosa (Schiaparelli Dorsum, su Mercurio), due crateri che portano il suo nome sulla Luna e, ovviamente, su Marte e un Lander, purtroppo sfortunato, lo Schiaparelli EDM Lander, parte della missione ExoMars (ESA-Roscomos), schiantatosi su Marte il 19 ottobre 2016, a causa di un guasto strumentale in fase di ammartaggio.
Il lavoro di restauro dei diari di Schiaparelli promosso dall’Archivio Storico dell’Osservatorio Astronomico di Brera è importante perché, qualora fosse necessario, ci ricorda di quanta rilevanza scientifica l’Italia è stata ed è ricca. L’eredità culturale di Schiaparelli è tra gli esempi migliori.